interventi
Signore e Signori
Vi do il benvenuto all’inaugurazione del progetto SITZ – Rialziamoci
qui a Militello Val di Catania!
Intanto per chiarire: SITZ non è la parola tedesca per rialziamoci!
Tutto al contrario: quando dico SITZ! a mio cane, si siede… è un cane educato
Der Sitz è in generale ogni piano orizzontale su cui sedersi.
La prima volta che ho sentito nominare Militello Val di Catania
era tanti anni fa quando una coppia di amici tedeschi mi chiamò dicendo:
“Abbiamo scoperto una bellissima città con un museo incredibile ed un custode bravissimo, e lì sono tutti seduti fuori!”
Poi incontro Herbert Weinand che dice “Quel Militello è magari più bello di Noto, un architettura notevole, delle belle campagne attorno, e tutti seduti fuori!”
E anche gli studenti ed amici che Prof.Weinand in seguito ha portato a Militello notarono:” Tutti seduti fuori!”
Allora: un uomo che ha viaggiato il mondo e ha vissuto in tanti posti preferisce Militello Val di Catania per passarci la terza parte della sua vita, prova di integrarsi ed interessarsi per le vicende della città (con senso critico, perché si sente partecipe…)come prima attività pubblica s’inventa un progetto
con i Militellesi, per i Militellesi e persone da fuori e come tema che fa da tramite sceglie LA SEDIA
Der Sitz – questa parola tedesca ha tanti significati:
non solo l’ordine a mio cane ma anche –il sedile, la seggiola, il posto a sedere, e pure la sede di un partito, del parlamento, la caduta di un vestito, in meccanica l’alloggiamento (dizionario…)
ma come, tutto questo in una sola parola?! Si dice che i Tedeschi siano precisi…
ma sì, come in italiano è il contesto che determina il significato di una parola: la sedia a sdraio, sedia da ufficio, sedia a rotelle etc.
Poi è interessante vedere come la funzione della sedia determini la sua forma:
uno scolaro in aula non potrebbe studiare ne in una poltrona ne su uno sgabello da mungitore, ma (ammesso che lo vuole…) si concentra meglio su un mobile semplice, lineare, non troppo comodo.
Avete notato la differenza che fa, se state a tavola su una solida sedia fatta di legno oppure su un monoblocco di plastica a 3,90?
Una trattoria avrà pure un atmosfera moderna se arredata con sedie metalliche, ma mi piacerà di rimanerci seduta a lungo? La prima sedia di metallo ho sperimentato da bambina in Germania in una gelateria italiana, lì sta benissimo, dà l’idea del fresco e tanto, ci si sta solo per la durata di un gelato…
Ogni epoca si esprime tramite la forma delle sue sedie e quindi se ne può evincere i cambiamenti sociali nei secoli:
La sedia come posto per 1 sola persona storicamente era riservata ai sacerdoti e ai principi, mentre i comuni mortali si sedevano su delle panche. vicinivicini
La forma della sedia dimostra la posizione sociale di chi la possiede:
pensate al trono del Re con il suo decoro e le misure imponenti, su dei gradini per inalzarlo ancora di più.
oppure la poltrona del direttore di banca che è più imbottita di quella della telefonista e con lo schienale alto che fa sembrare importante.
Uno povero che non sapeva leggere non aveva bisogno di una poltrona a orecchioni, ma comunque non aveva neanche lo spazio per metterla…
Mi piace la scelta della SEDIA per questo progetto.
La sedia è come un punto di congiunzione fra la passività del sdraiarsi e l’attività del stare in piedi.
Ed è anche una via di mezzo fra il DENTRO (l’intimità della casa) ed il FUORI (il luogo pubblico della strada o della piazza)
E le donne poi (questa è meravigliosa) trovano pure la variante sedute sulla strada ma rivolte verso l’uscio della casa, quindi sono fuori al fresco mantenendo allo stesso momento l’unione col dentro. E quasi sempre fanno qualcosa (uncinetto, sgranare i ceci…:donne :produttive…)
E ora, oggi tutto questo potrebbe scomparire, è sparito in molti posti:
il traffico anche nei paesi piccoli rende meno gradevole la chiacchierata allineata sul corso, le case hanno l’aria condizionata, e quindi si sta dentro con temperature artificiali e la dannatissima televisione ha preso il posto del focolare : non ci si parla più, si lascia parlare… ma qui rischio di perdermi con rammarico.
E a Militello menomale le cose stanno ancora piuttosto bene –
come si vede sulle belle immagini che il fotografo catanese Luca Guarneri ha scattato a Militello e che stasera vedremo in 2 posti diversi:
- le foto rappresentando le donne sono esposte nella Chiesa Catena – ex-oratorio delle donne e quindi un sito perfetto, che forse tanti di voi non hanno più frequentato da tempo,
- e i ritratti degli uomini sono nel Museo San Nicolò, un posto veramente mirabile, anche per la storia del suo recupero intensamente condiviso da cittadini volenterosi, ma anch’esso troppo poco frequentato.
Quindi l’idea centrale del Progetto SITZ era proprio di invitare i Militellesi in questi luoghi, superando eventuali timori di varcare la soglia di questi edifici importanti.
e ora che tanti parenti sono arrivati dall’estero per partecipare alla Festa del Santo Patrono e passare le vacanze, potrebbero andare a vedere le nonne ed i nonni esposti in una mostra! Perbacco (micca male)
Qualcuno a cui abbiamo dato l’invito faceva notare che solo in famiglia sono circa 35 persone… e vabbé, la mostra sarà aperta fino al 25. Agosto nelle ore……
Qui un intervento serio dovrebbe soffermarsi sulla “funzione del ritratto nella fotografia”, sullo Specchiarsi o Confrontarsi con la propria immagine.
Ma vorrei lasciare questo come esperienza a voi, sono convinta che avrà un certo effetto in famiglia, se un suo membro è ritratto per una mostra, offrirà spunti di riflessioni su quello che stiamo vivendo, ora , che stiamo veramente lasciando in dietro il novecento … ahimè …. mai avrei pensato di ritrovarmi un giorno dalla parte degli conservatori…
ma durante l’elaborazione di questo piccolo intervento dovevo prendere atto del fatto che mi rattrista l’idea che fra non molto probabilmente non ci saranno più persone sedute in strada. Neanche sulle sedie di plastica. Neanche a Militello.
Ma allora sarà ancora “Militello Val di Qualità” come Prof. Weinand ama cambiare il nome?!
In che cosa consiste questa qualità che noi “da fuori” apprezziamo al punto di volerci rimanere?
Il tema è di nuovo il Collegamento, la Connessione:
in questo momento gli uomini e le donne seduti fuori sono come un legame col passato, a tempi che -forse- erano migliori
per la mancanza di frenesia e disattenzione
quando si portava rispetto alla natura
quando bravi artigiani producevano manufatti pensati per durare nel tempo e si riparavano le cose rotte!
Quando il cibo era preparato con cura, con alimenti prodotti qui, quindi freschi anche senza i frigoriferi che poi ingombrano l’accesso al fiume…
Il concetto è questo (e sta già nel sottotitolo del Progetto:
rialziamoci
rivalutiamo la bellezza ed i pregi di un’ epoca in declino,
diamo impulsi per un reciproco riconoscimento fra le generazioni e
manteniamo, conserviamo più a lungo possibile questo ormai precario equilibrio fra IERI e DOMANI
perché è solo questo che può fare la differenza:
genuinità e autenticità (che hanno a che fare anche con la contentezza degli cittadini) fanno sì che Militello sarà una méta per viaggiatori consapevoli.
poi la questione che cosa rende contenti i cittadini potrebbe essere il tema di un altro Progetto….
Christina Heydel
discorso d'apertura - eröffnungsrede
militello, 03.08.2013
Carissime, carissimi,
ringrazio tutti per essere intervenuti a questa singolare, insolita manifestazione che con i suoi molteplici aspetti si configura come evento fuori dagli schemi tradizionali solitamente usati in occasione delle inaugurazioni delle nostre mostre ma non per ciò meno ricco di senso e significato. Della mostra, del suo essere e del suo voler essere parlerà Christina Heydel. Io voglio solo e semplicemente soffermarmi sulle persone che questo evento hanno intuito, maturato, espresso.
Primo fra tutti Herbert. Ormai lo conosciamo quasi tutti: esile ma energico, tenace e volitivo. Quasi cocciuto. Con una luce negli occhi che non sai se definire ironica o ingenua, sognante o concreta, sicuramente determinata. Con il suo andare un po’ ciondoloni e il suo italiano ancora incerto, pian piano ha cominciato a far parte del nostro quotidiano. Curioso e attento, non gli è sfuggito nulla del nostro essere e del nostro “stare”. Ma in pochi sanno che dietro questo apparire singolare si cela un raffinato designer berlinese che è riuscito a combinare nei suoi progetti il tradizionale e il moderno, l'arte e il divertimento e con questo nuovo concetto ha dato vita a un tutt'uno armonioso che il mondo ormai gli riconosce. Approdato a Militello circa un anno e mezzo fa da Noto, ha subito il fascino dei luoghi e, in special modo della campagna ricca di una vegetazione selvaggia e talvolta incontaminata, se ne è lasciato conquistare al punto di decidere di viverci e osservando una umanità “diversa” si è posto tante domande spinto dalla voglia di capire. Fra queste domande il perché della presenza di tante sedie all’esterno delle case: isolate, in coppia, sui marciapiedi, presso i cantoni dei crocevia, davanti agli usci oscurati da “cassine” misteriose pronte a celare la intimità delle case. E associate alle sedie le persone, quasi sempre anziane, coi volti segnati e stanchi, dai corpi abbandonati. Una realtà strana, intrigante, da capire, perché espressione comunque complessa e sofferta. Così Herbert inizia a maturare il progetto che oggi si concretizza.
Insieme ad Herbert le persone che ha con passione coinvolte: Luca Guarnieri, fotografo catanese, con una importante esperienza internazionale. Dopo aver studiato presso la Scuola Romana di Fotografia si è trasferito a New York dove è vissuto per sette anni e ha studiato e lavorato presso l’International Center of Photografy. Qui ha sviluppato il suo particolare interesse per la street photografy e i suoi soggetti privilegiati sono diventati i ghetti afro americani, la boxe di borgata, la slum poetry e l’Hip Hop. Ha collaborato con diverse riviste e quotidiani documentando il teatro di strada, i movimenti no global e tutto ciò che nasce dal basso alternando progetti personali di reportage a fotografia commerciale, interior design, moda. Si considera comunque “fotografo di strada”. E’ lui l’autore delle foto.
Ha invece realizzato il video Fabio Burgio, anche lui Catanese. Laureatosi al D.A.M.S. di Bologna, dopo diverse esperienze su set cinematografici indipendenti ha intrapreso l’attività di operatore di ripresa e montatore video freelance maturando diverse esperienze nell’ambito della produzione video-cinematografica. Così racconta la sua esperienza a Militello e con Herbert: “Militello nasce dall’acqua. Il territorio circostante ne è ricco ed è generoso. Il paese, con i tanti rintocchi dei suoi numerosi campanili sembra quasi essere sospeso nel tempo. A Militello mangi una granita in piazza tra gli anziani seduti a crogiolarsi al sole, osservi un barbiere respirando un’atmosfera d’altri tempi, fai brevi passeggiate tra barocco e musei mentre tutto sembra che resti immobile e all’improvviso ti ritrovi nel bel mezzo di una festa popolare, dove tradizione e folklore si fondono esaltando i profumi e i sapori del territorio. Ho conosciuto Herbert Weinand attraverso Luca Guarneri, un mio amico fotografo con il quale collaboro. Quando mi ha proposto il suo progetto ho aderito con entusiasmo alla sua realizzazione in quanto l’ho ritenuto un progetto interessante. Inoltre personalmente ho sempre avuto interesse nella scoperta della Sicilia e della sua storia. Militello era un luogo dove ancora non ero mai stato e scoprendolo lentamente, durante le mie brevi visite per le riprese, mi ha lasciato la consapevolezza che Leonardo Sciascia aveva ragione quando in un suo articolo definì Militello “un viaggio”.
E poi ancora Christina Heydel, docente di belle arti a Lubecca, in Sicilia da 20 anni. Fondatrice, a Noto, dell’associazione culturale “Sciami” e amica di Herbert. Donna dai modi gentili ma decisi, capace di leggere le inquietudini e offrire con le sue competenze umane e professionali maturate in lunghi percorsi, la freschezza e insieme il vigore di nuove possibili realtà da costruire. Con la sua straordinaria semplicità ci parlerà del senso e del significato del progetto.
E, infine, loro, i veri protagonisti dell’evento, coloro che hanno offerto i loro volti, il loro essere e saper essere, con candore e semplicità, con la malinconica rassegnata dignità di chi intuisce che il loro “stare” su sedie di certo non è simbolo di prestigio o potere. Sedie come segno di caducità, silenzio, abbandono.
Arte, fotografia e video rimangono legati da un monito forte che vuole essere anche uno sprone alla gente di Militello e non solo: “Alzatevi da quelle sedie”.
Direttrice Franca Barbanti
Meine Damen und Herren, ich begrüsse Sie zur Eröffnung des Projektes Sitz – rialziamoci hier in Militello in Val di Catania!
rialziamoci ist nicht die Übersetzung von Sitz, im Gegenteil, es bedeutet wörtlich “erheben wir uns, stehen wir auf” aber ist hier im Sinne von “Packen wir es an!” gemeint.
Das erste Mal, dass ich von Militello in Val di Catania hörte, war von deutschen Freunden, die von der Entdeckung einer wunderschönen Stadt berichteten: “...mit einem unglaublichen Museum und einem richtig guten Stadt-und Museumsführer! Und alle sitzen draußen!" Dann begegne ich Herbert Weinand: “Dies Militello ist wohl noch schöner als Noto, bemerkenswerte Architektur in einer reizvollen Landschaft, und alle sitzen draußen!” Und auch die Studenten und Freunde, die Prof. Weinand dann nach Militello brachte, bemerkten: “alle sitzen draußen auf der Straße!”
Und nun haben wir hier einen Mann, der die Welt bereist und an vielen Orten gelebt hat, der sich schließlich Militello in Val di Catania als Wohnsitz für seinen nächsten Lebensabschnitt ausgesucht hat, der versucht sich hier einzufügen, sich für die Angelegenheiten der Stadt zu interessieren (auch auf kritische Weise, denn er mag teilhaben), und als erste öffentliche Arbeit denkt er sich ein Projekt aus, das zum Thema das Sitzen hat. Und Stühle.
Das deutsche Wort Sitz hat eine vielfache Bedeutung: nicht nur die Aufforderung an meinen Hund, sondern es benennt im allgemeinen jede zum Hinsetzen geeignete horizontale Fläche, und im speziellen – wie im Italienischen - die aus dem Kontext hervorgehende Bezeichnung: der Kinositz, der Autositz, der Regierungssitz, aber auch der Sitz eines Kleides.
Das gleiche gilt für das Wort Stuhl, die Umgebung bestimmt die Aufgaben des Stuhls : Bürostuhl, Liegestuhl, Rollstuhl etc. mit den zusammengesetzen Hauptwörtern im Deutschen geht das etwas einfacher, als mit den Präpositionen, mit denen man auf Italienisch umzugehen lernen muss.
Und wie die Umgebung die Bezeichnung eines Stuhles bestimmt, wird dessen Form durch seine Funktion angeregt. Im Sinne des Zitats von Louis Sullivan “form follows function” sollte die formale Gestaltung eines Gegenstandes seinem Zweck dienen. Ein Beispiel: Im Klassenraum hat weder ein Sessel noch ein Melkschemel Sinn, sondern der Schüler, vorausgesetzt er will das, konzentriert sich besser auf einem schlichten, nicht allzu bequemen Sitzmöbel. Haben Sie mal den Unterschied ausprobiert, wie man zum Essen auf einem soliden Holzstuhl sitzt im Vergleich zu einem Plastikstuhl für 3,90€?
Ein Restaurant mag zwar eine moderne Atmosphäre haben, wenn es mit Metallstühlen ausgestattet ist, aber würde man dort gerne länger verweilen? Das erste Metallstuhl-Erlebnis hatte ich als Kind in Deutschland in einer italienischen Eisdiele, dort passte das, das Metall unterstreicht das Kühle und ohnehin bleibt man ja nur für die Dauer eines Eisgenusses.
In Deutschland gibt es ein Stuhl-Museum und dort kann man sehen, wie jede Epoche sich unter anderem auch durch die Form ihrer Stühle ausdrückt. Historisch gesehen war die Sitzgelegenheit für eine einzige Person den Priestern und Prinzen vorbehalten, das Volk saß auf Bänken, dicht gedrängt. Und das zeigt auch, dass die Form eines Sitzmöbels die soziale Stellung dessen der es “be-sitzt” zum Ausdruck bringt. Denken Sie an den Königsthron , mit seinem Dekor, seinen eindrucksvollen Massen, durch Stufen erhöht. Oder an den Sessel des Bankdirektors, der weicher ist, als der der Telefonistin und mit seiner hohen Rückenlehne Wichtigkeit unterstreichen kann, während Nomaden oder Schaefer mit einem Ohrensessel eher nichts anfangen könnten. Mir gefällt die Thematik Sitz, denn man kann einiges aus ihr ableiten.
Der Stuhl befindet sich sozusagen auf halbem Weg zwischen der Passivität des Liegens und der Aktivität des Stehens. Und er kann eine Verbindung darstellen zwischen der Intimität des Hauses (Drinnen) und der Öffentlichkeit der Straße oder der Piazza (Draußen). Wenn die Frauen sich den Stuhl vor die Haustuer stellen, mit dem Rücken zur Strasse, bleiben sie im Kontakt mit dem Wohnbereich und können trotzdem an der frischen Luft sein. Und dabei tun sie immer irgendetwas, Handarbeiten, Bohnenpuhlen, sind eben Frauen, sind tätig...
“Alle sitzen draußen”, diese Bilder könnten aber nun bald der Vergangenheit angehören, und vielerorts ist das Phänomen schon verschwunden! Der Autoverkehr auch in kleinen Ortschaften macht den Schwatz längs der Hauptstrasse weit weniger angenehm, die Wohnungen haben Klimaanlagen und so hockt man drinnen bei künstlichen Temperaturen und der verfluchte Fernseher ist an den Platz des häuslichen Herdes getreten, man unterhält sich nicht mehr, man lässt sich unterhalten, aber hier schweif ich ab in Unbehagliches...
Und in Militello stehen die Dinge ja gottlob noch recht gut, wie wir in dem Videobeitrag von Fabio Burgio und auf den schönen Fotos sehen können, die der catanesische Fotograf Luca Guarneri hier in Militello aufgenommen hat und die wir heute Abend an zwei verschiedenen Orten betrachten können: Die Frauenportraits sind in der Chiesa Catena ausgestellt, einem ehemaligen Frauen-Betsaal, und somit in einer perfekten Umgebung, in der wahrscheinlich viele von Ihnen schon lang nicht mehr waren, während die Portraits der Männer im Museum San Nicolò zu sehen sind, einem wirklich bemerkenswertem Ort, der eine außerordentliche, von freiwilligem Arbeitseinsatz einiger Mitbürger getragene Entstehungsgeschichte aufzuweisen hat, aber dennoch zu wenig aufgesucht wird.
Und das war genau der Ansatzpunkt: das Anliegen des Projektes Sitz – rialziamoci ist es, die Militellesen in diese Gebäude einzuladen, eine gewisse Schwellenangst zu überwinden und diese zwar imponierenden, aber doch den Bürgerinnen und Bürgern zur Nutzung gedachten Räume zu besuchen. Dieser Tage sind viele Militellesen aus dem Ausland zu Besuch, um das Fest des Stadtpatrons zu feiern und nebenbei Ferien zu machen, und die können nun ihre Verwandten in einer Ausstellung bewundern, das ist doch nicht schlecht! Jemand dem wir die Einladung brachten, merkte an, dass seine Familie circa 35 Personen umfasse, was für die Eröffnungsfeier wohl etwas viel wäre, aber die Ausstellungen sind noch bis zum 25. August geöffnet!
An dieser Stelle sollte sich ein ernsthafter Vortrag mit der Rolle der Portraitfotografie in der Gesellschaft und der Auseinandersetzung mit dem eigenen Abbild beschäftigen, aber das möchte ich gerne zu Ihrer persönlichen Erfahrung werden lassen, ich bin sicher, dass es eine gewisse Wirkung in der Familie haben wird, wenn eines ihrer Mitglieder Teil einer öffentlichen Ausstellung wurde. Vielleicht gibt es Anlass zu Überlegungen unsere Gegenwart betreffend, wie leben wir heutzutage, da wir mittlerweile endgültig das vergangene Jahrhundert hinter uns gelassen haben? Was ich persönlich bedauere, wenngleich ich nie gedacht hätte, dereinst so konservativ zu sein, aber während der Ausarbeitung dieser kleinen Rede musste ich feststellen, dass es mich bekümmert, mir vorzustellen, in nicht allzu langer Zeit könne niemand mehr auf der Strasse sitzen. Nicht mal auf Plastikstühlen. Nicht mal in Militello.
Aber wäre es denn dann noch Militello im Tal der Qualität, wie Prof. Weinand gern den Ortsnamen abändert?! Was macht diese Qualität aus, die wir Fremden so mögen, das wir erwägen hier zu bleiben?
Das Thema ist noch einmal die Verbindung, der Zusammenhang: in diesem Moment stellen die Männer und Frauen draußen auf ihren Stühlen so etwas wie eine Anknüpfung an die Vergangenheit dar, an die – für mein Empfinden – “bess’ren Zeiten“, in denen Hektik und Unachtsamkeit nicht das heutige Ausmaß hatten, in denen man die Natur noch als Lebensgrundlage pflegte, in denen fähige Handwerker Dinge herstellten, die auf Dauer angelegt waren und die repariert wurden, in denen das Essen mit Sorgfalt bereitet wurde, aus Zutaten, die vor Ort angebaut wurden und daher frisch waren, auch ohne die Kühlschränke, die dann heutzutage den Zugang zum Fluss versperren...
Der Grundgedanke ist der folgende, und er wird schon im Untertitel des Projektes benannt: “Packen wir es an!”. Es geht darum, das Gute einer Epoche, die zu Ende geht, zu bewahren, Impulse zu geben, auf dass die Generationen untereinander im Austausch bleiben und sich gegenseitig anerkennen. Und zu versuchen, das gegenwärtige labile Gleichgewicht zwischen Gestern und Morgen so lange wie möglich aufrecht zu erhalten. Wenn die Globalisierung dazu führt, dass alle Orte sich gleichen, kann nur dies den Unterschied ausmachen: Die unverfälschte Originalität und die Ursprünglichkeit sind Qualitäten, die Militello zu einem Ziel bewussten Reisens werden lassen. Dies hängt direkt damit zusammen, wie wohl sich die Buerger in ihrer eigenen Stadt fühlen, wie sehr sie sich mit ihr identifizieren, aber diese Bedingungen und die Ansprüche der bewusst Reisenden zu untersuchen, könnte schon das Thema eines neuen Projektes sein.
Christina Heydel
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